CANAL GIOVANNI BATTISTA - PITTORE - 1745-1825
Canal Giovanni Battista (1745 – 1825)
Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)
di Luigi Menegazzi
Figlio di Fabio Canal e di Maria Soardi, nacque a Venezia il 10 sett. 1745.
Fabio Canal, nato nel 1701 a Venezia, figlio naturale del nobile Paolo Emilio di Vincenzo e di una Caterina Ravera, era giudicato dai contemporanei "degno allievo di Gian Battista Tiepolo". In realtà, fu mediocre pittore ed a lui può essere riconosciuto più che altro il merito di aver diffuso, in ville e in chiese, gli schemi del maestro (il Morassi, 1968, lo definisce "fanatico tiepolista"). Membro fondatore dell'Accademia di Venezia, iscritto alla fraglia dei pittori per il 1740-45, oltre che in villa Pisani a Stra, dove con il Guarana affrescò le figure dei Cesari, lavorò quasi esclusivamente a Venezia alla decorazione ad affresco di alcuni palazzi - Grassi, Priuli, Zenai -, e in diverse chiese. L'opera più significativa è il grande soffitto della chiesa dei SS. Apostoli rappresentante la Comunione degli Apostoli e l'Esaltazione dell'Eucarestia, completato nel 1753 (le architetture sono di Pietro Gaspari) e restaurato dal figlio nel 1818: un certo virtuosismo nella resa delle figure in un contesto che è valido per le architetture del Gaspari ma che rivela, pur nell'imponenza della composizione, l'incapacità dell'artista ad interpretare i modelli del Tiepolo. Morì a Venezia il 5 sett. 1767.
Giovanni Battista Canal, oltre che con il padre studiò presso l'Accademia di Venezia, dove insegnerà poi tra il 1783 e il 1807.
È iscritto alla fraglia dei pittori dal 1768 al 1780; nel 1776 fu nominato pittore accademico. Quasi cieco negli ultimi anni di vita, dovette continuare a dipingere, per difficoltà economiche derivate dalla soppressione in Venezia del collegio dei pittori, fino alla morte avvenuta il 5 dicembre 1825.
Fu un instancabile lavoratore - L. Coletti lo definì l'ultimo dei "fa presto" (La Fiera letteraria, 10 gennaio 1926, p. 5) - la cui attività, svolta a Venezia, Treviso, Udine, Rovigo, Padova, Trieste e Ferrara, e nella campagna veneta e friulana dove decorò soffitti (sono oltre settanta) di piccole chiese, è ricordata in numerosi documenti d'archivio che costituiscono un vero catalogo delle sue opere.
Il Canal conobbe in vita, proprio per aver potuto occupare il vuoto lasciato dal Tiepolo, un successo ben superiore alle reali sue qualità, mentre la critica ottocentesca, anche per gli equivoci e le confusioni derivanti dall'omonimia col più famoso Giovanni Antonio Canal (il Canaletto), lo colloca, senza distinguerlo, nella schiera dei manieristi tiepoleschi.
Il Canal eseguì appena diciannovenne il soffitto della chiesa di S. Eufemia alla Giudecca, che è opera scolastica realizzata nella suggestione della Gloria di san Domenico del Tiepolo nella vicina chiesa dei gesuati. Nel 1776 nella chiesa di Fonte (Asolo) si precisano le caratteristiche della sua pittura: colori molto vivaci e tipologie in seguito ricorrenti, in libere ripetizioni di formule tiepolesche, come nella romantica Storia d'amore della barchessa di villa Viola a Treviso e nell'affresco di palazzo Mocenigo a Venezia (1790).
La lezione neoclassica - comincia per lui la collaborazione col quadraturista Giovanni Borsato - provoca nel Canal una crisi che sarà acuita dall'incontro con le esperienze dei Selva e di Canova pittore.
Cerca di interpretare il neoclassicismo alla veneta (palazzo Filodrammatici, Treviso, 1804), ma il suo linguaggio, talvolta frettoloso e troppo disinvolto, rimane quello dell'ultimo Settecento al quale nuocciono l'incapacità di rinnovamento o di trasformazione e le pressanti, continue richieste dei committenti. Non riesce neppure il tentativo, peraltro poco convinto, di un aggiornamento che, al di là del neoclassicismo, poteva sembrare più facile dinanzi alle prime espressioni del romanticismo: i suoi dipinti, dai colori freddi e stonati, sono sempre più stanchi e grossolani, ripetizione di schemi ormai logori (Martirio dei ss. Gervasio e Protasio, 1822, chiesa di S. Trovaso a Treviso).
(NB. attenzione a non confoderlo con il suo omonimo detto il Canaletto (1697 - 1768)